"Allo stato naturale… tutti gli uomini nascono uguali, ma non possono continuare in questa uguaglianza. La società gliela fa perdere, ed essi la recuperano solo con la protezione della legge."
Montesquieu
L'aforisma per questo articolo appartiene a Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu, meglio noto solamente come Montesquieu, è stato un filosofo, giurista, storico e pensatore politico francese.
È considerato il fondatore della teoria politica della separazione dei poteri.
Le sue parole per quanto possano risultare scomode, ci aprono gli occhi su quello che è un importante dato di fatto, ovvero l'uguaglianza sociale.
Soprattutto in questo particolare periodo storico con in atto una pandemia, ecco che ci troviamo, malgrado tutto a notare ancor di più questo divario sociale fra differenti categorie di persone ed è proprio di ciò che parliamo in questa intervista.
1-Covid e sociale
È sotto gli occhi di tutti, un dato di fatto innegabile, l'emergenza pandemica ha avuto un impatto devastante e mai visto registrato prima d'ora all'interno di tutte quelle che sono le reti di natura sociale. Parliamo infatti di centri diurni per disabili, i quali hanno subito forti ripercussioni dal punto di vista relazionale, assistenziale e sul benessere psicomotorio ed emotivo globale degli ospiti.
Inizialmente vi fu una completa sospensione di tali servizi, la quale generò non poca preoccupazione e disperazione in gran parte delle famiglie che, impaurite dai rischi di contaminazione, e nello stesso tempo anche dalle severe misure adottate per contrastarla, si sono ritrovate sole a gestire il proprio familiare disabile, per lo più in casa, andando a sovvertire abitudini e ritmi di vita importanti.
In un secondo momento, con la riattivazione dei servizi ad ingresso contingentato, sono state accolte e soddisfatte, anche se solo in parte, le richieste più urgenti dei familiari, ricreando nelle strutture contesti di tipo più assistenziale che educativo.
In fin dei conti numerose sono tutte quelle pubblicazioni a dimostrazione di come il virus e i conseguenti lockdown hanno portato le persone a sviluppare disturbi psicologici e/o psicosomatici.
Per questo è così difficile ma al contempo meritorio lavorare in un mondo come quello del sociale, dove non devi solamente portare avanti un lavoro, ma sviluppare cura, coscienza ed empatia nei confronti dell'altro.
Il mondo forse non lo ha mai compreso del tutto, ma chi lavora nel mondo del sociale muove ogni giorno un piccolo passo atto a migliorare la condizione di questo mondo, un piccolo passo improntato nell'aiuto degli ultimi e sinceramente non so se possa esistere qualcosa di più bello.
2-Martina: una psicologa nel sociale
Martina, in qualità di Psicologa, responsabile educativa, ha cercato di essere utile sostenendo il personale e alleggerendone i carichi dove possibile.
Precisa inoltre che durante questa pandemia, ed in particolar modo in occasione della prima ondata di contagi, le chiusure e il distanziamento sociale sono stati portati ai massimi livelli, i primi a subire il carico destabilizzante e disorientante delle disposizioni sono stati proprio gli utenti, i pazienti fragili delle nostre strutture, che si sono ritrovati lontani dai loro compagni, dalle loro persone di riferimento, dalle loro attività abitudinarie, a contatto con familiari in alcuni casi sofferenti o colpiti essi stessi dal virus. Relegati in dinamiche familiari psicopatogene e generatrici di vortici amplificatori del disturbo del disabile che hanno messo a dura prova la stabilità psicoemotiva dei caregiver.
Racconta però di aver percepito quanto fosse marginale il suo intervento rispetto all'immenso meccanismo attivatosi e all' imprevedibilita dei suoi sviluppi.
Naturalmente ora vi sono accortezze specifiche, quali il distanziamento, la sanificazione più ferrea e gli ingressi contingentati.
È ben consapevole inoltre di quanto ogni giorno gli operatori siano carichi di responsabilità della gestione del familiare, spesso carico di frustrazioni e disagi.
Sono allungati i turni di lavoro e impegnato anche il sabato.
Il punto di vista fondamentale secondo me è un altro, ovvero siamo esseri umani e come tali imperfetti, Martina percepisce come leggero il suo intervento, quando la realtà a mio avviso è ben diversa, se non fosse per lei e per tutte quelle persone che compongono la relazione d'aiuto, ecco che queste persone si ritroverebbero abbandonate e le loro famiglie senza alcuno scoglio al quale aggrapparsi, per questo motivo il lavoro svolto da lei e da tutti questi professionisti è così bello e importante.
Forse...troppo spesso si sottovaluta la potenza di un tocco, un sorriso, una parola gentile, un orecchio in ascolto, un complimento sincero, o il più piccolo atto di cura, che hanno il potenziale per trasformare una vita.