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Dietro le sbarre: la rapina del cuore

Di Enrico Buongiovanni 

Esistono tante storie di vita, una per ognuno di noi.

Il minimo comun denominatore fra tutte queste storie sono i sentimenti, le emozioni.

L'essere umano è storicamente fallace, compie azioni inconcepibili o inappropriate in nome dell'amore, può arrivare a dare il peggio di sè, eppure esistono quelle rare occasioni in cui, costretti dal destino dal fato o addirittura dalla cieca convinzione che un futuro migliore sia solamente una chimera, la quale vive solo nei sogni...ma impossibile da afferrare realmente.

Così accade che un pigro martedì pomeriggio, Giuseppe, (nome di fantasia per garantire la sua privacy), si trova nel salotto di casa sua con una pistola in mano e tanta rabbia e paura che invece abitano il suo cuore.

Osserva il letto di suo figlio e per quanto inconcepibile...ha trovato solo questa opzione percorribile...


1-La rapina del cuore

Si è soliti dire che una volta arrivati al compimento dei 40 anni, inevitabilmente si finisce col fare un bilancio della propria vita, soppesando gli errori con i meriti, le occasione perse con quelle utilizzate a dovere, o ancora gli incontri piacevoli da quelli tristi e dolorosi, eppure...in tutti questi pensieri e bilanci che un normale uomo di 40 anni avrebbe dovuto fare, ecco che a Giuseppe nessuno di questi pensieri gli apparteneva.

Si è sempre sentito figlio di una società malata, tanto materiale nella collezione di futilità, quanto omicida per quanto riguarda i sogni.

L'unico pensiero che ha sempre avuto h24 in testa è sempre stato uno solo...suo figlio.

A 40 anni in linea di massima si ha una posizione lavorativa consolidata da tempo, oppure si è cambiato già lavoro un paio di volte, avendo finalmente trovato quello giusto, in altri casi invece era la crisi finanziaria a dettare legge e così Giuseppe vittima di quest'ultima si è ritrovato senza lavoro e con un figlio a cui badare, prima di compiere il passo...ci ha pensato a lungo.

Davanti alla banca con in mano quella pistola, in pochi secondi è dentro, ma tutto questo è troppo per lui, semplicemente è qualcosa che non è nelle sue corde, prima gli urli spaventati dei clienti, poi le guardie di sicurezza, le quali con tono minaccioso intimato di gettare la pistola, la paura e la consapevolezza di ciò che ha fatto e ancora sta facendo si fa sentire il senso di colpa lo attanaglia in un secondo...ecco che sente arrivare un attacco di panico...le grida delle guardie si fanno sempre più forti, la sensazione che prova è quella di un animale messo all'angolo, la paura dei presenti è palpabile, la rabbia delle guardi ancora più forte, non vedendo più nessuna via d'uscita e col terrore che gli attanaglia il cuore, improvvisamente...spara.

Adesso qui davanti a me si trova Giuseppe, deve scontare in carcere un altro anni, eppure lui è determinato, nonostante tutto lui è felice aggrappandosi ogni giorno a suo figlio, quel suo unico pensiero felice.

Ciò che vedi e percepisci dalla sua storia, è il racconto di un uomo buono, vulnerabile, ma come uniche compagne di vita sorella depressione e sorella sconforto.

Un giorno uscirà e sono sicuro potrà riparare ai suoi errori, grazie a Dio il proiettile da lu imparato non ha ucciso nessuno.

Questa storia insegna che anche il più puro degli uomini in una società dove viene lasciato solo potrebbe finire col perdere il lume della ragione.

In fondo a vederlo così con quel suo sorriso ricolmo di speranza per il futuro nonostante tutto, sapendo che in carcere sta studiando e sta prendendo addirittura un master, insomma nel vedere quest'uomo, felice a progettare il futuro, felice che quel proiettile non abbia ferito nessuno, beh.  mi rendo conto che è proprio vero, la vita ti offre sempre una seconda opportunità, si chiama domani.